“Ma il vostro è come fosse un teatro Greco moderno”, mi dice Maria Teresa, che insegna al liceo classico.
Ci penso un po’ e dico: “Però, non la tragedia”.
Anche se so che dalla tragedia greca veniamo.
“Guarda che l’arena greca era il luogo dello svolgimento della vita culturale e sociale della collettività. Lì, la comunità celebrava i suoi riti”, mi risponde lei.
Mi piace: è la chiave della nostra Arena 2011. Un’arena greca di balle di paglia della polis romagnola; la nostra non è di certo solida come quelle della Magna Grecia: è fatta solamente di balle di paglia, di “materiale liquido” come direbbe Bauman.
Che cos’era il teatro greco? Era un luogo in cui si ritrovava la collettività tutta, dal ricco allo schiavo, cinque secoli prima di Cristo.
E che cos'è invece l'arena delle balle di paglia? Diremo che è un luogo dove ci si ritrova per divertimento, ma anche un paesaggio che celebra o riflette le arti e la musica popolare contemporanea con il colore della paglia. Qui troverai chi ci lavora e chi ci abita, chi ha portato le balle, chi ti dà da bere, chi parla con te raccontandoti il lavoro, chi cerca di divertirsi, senza copiare dalla TV. Si ritrovano le diverse professioni, le diverse culture, le diverse sensibilità. Giovani e vecchi. Bambini, mamme, babbi, single. E gli schiavi?
L’arena di Cotignola così com’è è già bella. Ha una sua magia che non si sa spiegare, che evoca il mito ancestrale delle nostre campagne e della nostra agricoltura. L’hanno detto in tanti. Lo possiamo dire anche noi perché l’abbiamo trovata già fatta, lungo il fiume. Ci è piaciuta, poi abbiamo cercato di curarla e di abbellirla.
La Comunità delle Balle di Paglia ruota con la testa “in direzione ostinata e contraria” con messaggi di socialità, di cultura, di etica non imposti dal Dio Denaro o dal solo Pil senza lavoro.