“Il mio nome è Marco, di professione “cavallo” da tiro tuttofare”.
Inizia così l'appello spedito nel 1972 dai matti del manicomio di Trieste al Presidente della provincia per salvare dal mattatoio il loro cavallo amico che da tanti anni trasportava ogni giorno su e giù un carretto per la biancheria.
Un cavallo vero fece poi nascere Marco Cavallo, un cavallo di cartapesta, azzurro, realizzato dai matti, alto 4 metri che sfondò la porta del manicomio per incontrare i triestini per le strade e di tante altre città.
A cent’anni dalla nascita di Gianfranco Basaglia, il Re dei matti, abbiamo sognato che Marco si reincarnasse nell’Arena in un grande cavallo sognato per riproporre oggi il tema dei matti, quasi matti, mattacchioni, folli, ragionevoli nella paglia.
Chi siamo noi, oggi? E che cosa ci manca?